Questa immagine fa parte di una serie dal titolo "La dispensa" che verrà esposta nella mostra fotografica "AltrItaliani. Volti, storie e immaginari della migrazione" che si inaugurerà il 28 giugno.
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Le foto saranno accompagnate da questo testo (scusate se sono logorroico):
[big][b]La dispensa[/b][/big]
Una delle cose che più ci mancano quando ci troviamo per un lungo periodo lontano dalla nostra terra è il cibo di casa nostra.
A tutto il resto ci possiamo adattare, alla lingua, alle leggi, anche al clima, ma il cibo rimane la cosa principale, la certezza ed il piacere del quotidiano.
Senza voler essere caratterizzati da degli stereotipi, è sacrosanto che l’italiano sopporta male un periodo di tempo prolungato, senza potersi concedere un piatto di pasta, una pizza o un espresso “all’italiana” appunto.
Il nostro cibo ci caratterizza, le sue tradizioni illustrano la nostra storia e le sue trasformazioni il nostro presente.
Esso è una parte di noi e noi siamo quello che mangiamo.
La nostra dispensa contiene quegli aromi e quei gusti con i quali siamo nati e cresciuti, rappresenta la nostra sicura quotidianità.
…la nostra identità.
I flussi migratori sono sempre esistiti, da sempre l’uomo si è spostato per cercare condizioni di vita migliori. Il nostro paese, da qualche decennio, è cambiato profondamente: da una tradizione storica di emigrazione attiva è diventato meta di importanti flussi migratori.
I nostri nuovi concittadini trovano indispensabile imparare l’idioma italiano, adeguarsi al nostro ordinamento, ma per quanto riguarda il cibo è tutto un altro paio di maniche...
Per fortuna, oggi, rispetto ad epoche passate, è possibile ricevere con facilità ed a prezzi contenuti merci da ogni parte del mondo, questo ha permesso ad alcuni intraprendenti di aprire dei negozi di alimenti che definiamo “etnici”.
Nella realtà di Arezzo, tali esercizi sono fioriti come funghi.
Aprire questo tipo di attività e quell’indotto che vi gravita attorno, è significato per molti stranieri, diventare imprenditori e per gli aretini più curiosi e maggiormente aperti alle altre culture, è diventata un’opportunità per arricchire con facilità le proprie dispense di nuovi alimenti.
Col tempo questi alimenti “nuovi” hanno fatto la comparsa anche nei banchi della grande distribuzione, ed oggi noi aretini, passando tra gli scaffali dei supermercati possiamo assistere, con curiosità, alla felice convivenza di cibi di tutto il mondo.
Sono convinto che il cibo sia un potente mezzo per farsi conoscere ed apprezzare, che possa svolgere una funzione di familiarizzazione tra gli abitanti d’origine della città ed i nuovi arrivati, in special modo in una realtà come quella aretina che, fino ad oggi, è sempre stata abbastanza chiusa nei confronti degli “altri”.
Come sempre, sono i giovani i primi che sono pronti ad aprirsi, vuoi per un più elevato livello culturale, vuoi per la maggiore opportunità di interscambio attraverso la scuola, lo sport e le attività giovanili e vuoi per una maggiore abitudine a viaggiare e ad incontrare persone diverse.
Per i nostri ragazzi è ormai normale alternare la pizza o il panino alle nuove specialità “etniche”.
Il mio auspicio è che un giorno venga organizzata a fianco della sagra del maccherone o della bistecca, una gustosa “Sagra del Kebab”.
Del resto se fino ad oggi gli unici panini che abbiamo importato sono stati l’hamburger e l’hot dog, direi che con l’arrivo del kebab ci abbiamo guadagnato moltissimo. Tra l’altro mentre le prime sono state da un certo punto di vista imposizioni cultural- gastronomiche, nel secondo caso si è trattato di una scoperta che abbiamo voluto fare, quella prima volta che siamo entrati con curiosità in un locale nato proprio per soddisfare le esigenze degli stranieri.
Non ci dobbiamo dimenticare che comunque già la nostra cucina tradizionale è in buona parte basata su alimenti di importazione, il mais, la patata e la soia sono solo alcuni esempi di come, con il tempo, divenga facile e naturale “digerire” quei prodotti non autoctoni.
Oggi ci troviamo in mezzo ad un periodo di rapida evoluzione del gusto: stiamo muovendoci verso la fusione delle cucine internazionali in un mix multietnico, multiculturale e multirazziale.
Con queste immagini ho voluto rappresentare la commistione dei prodotti alimentari tipicamente nostrani con quelli che ci sono giunti grazie all’arrivo degli stranieri, oggi la nostra dispensa è cambiata, si potrebbe dire “globalizzata”.
Ho voluto utilizzare questa particolare tecnica fotografica, il “Polaroid Emulsion Lift” per esprimere questo mio punto di vista perché si presta a fondere, ed unire immagini e contenuti diversi.
Ho rappresentato prodotti tipici italiani a fianco di quelli stranieri, ho fuso insieme i diversi volti dei personaggi delle etichette, ho messo insieme le spezie ed i semi, ho inoltre fatto fare la conoscenza tra la panna da cucina con “l’antagonista” della cucina orientale, il latte di cocco.
Ho anche auspicato che alcune bevande “semisintetiche” possano essere sostituite da deliziose bevande esotiche naturali.
Si è trattato di una ricerca che, pur non potendo essere esaustiva, ha cercato di dimostrare, anche riguardo al cibo, la veridicità del vecchio detto fotografico che “un’immagine vale più di mille parole”.
Marco Bruni